sabato 3 giugno 2017

Una fotografa senza scuola: Vivian Maier




Ho appena visto ad Este – presso il Museo Atestino – una mostra dedicata alla fotografa americana Vivian Maier. Fantastica, davvero! Commovente!


Vivian Maier era una donna semplice, bruttina e sfortunata! Una femminilità aspra, forse una vergine che non ha mai conosciuto le vertigini dell'amore ma che colpisce con la sua immaginazione creativa e ti lascia la vertigine di chi si trova, all'improvviso, come sospeso nel vuoto.
Un'amica materna e la madre stessa le avevano trasferito la passione per la fotografia. Ma nella sua vita non ha avuto neanche i soldi per sviluppare i rullini che faceva. Tutto è stato trovato per caso dopo la sua morte. Ha avuto una vita grama. Tata in diverse famiglie, una specie di Mary Poppins, nata da madre francese e padre austriaco, immigrati in America; ha coltivato per decenni nel silenzio questa sua predilezione per raccogliere immagini, come si raccolgono le fragole nel sottobosco. E le sue immagini sono profumate e inebrianti come frutti dell'incolto. 
Ecco l'incolto. Vorrei titolare queste riflessioni: “Vivian Maier ovvero la dimostrazione della stupidità e dell'inutilità della scuola”. Nel senso che la formazione e il curriculum scolastico certamente è importante, in ogni ambito del sapere e del lavoro; non si discute, è certo, non vorrei essere frainteso! Ma la fotografia di Vivian è la lampante dimostrazione di come uno sguardo possa avere una sua purezza originale quando, curioso e attento, si relaziona alle cose del mondo anche senza il sostegno di una scuola, di una formazione specifica, tecnica e culturale. Insomma ci possono essere, e ci sono, vive e pungenti come sapori a cui non siamo abituati, ricchezze inesplorate anche nei sentieri di chi – come Van Gogh, per esempio – non ha frequentato scuole e accademie e laboratori e studi fotografici, ma proprio in forza di questa autonomia, di questa diversità è arrivato a penetrare e indagare orizzonti preclusi a chi è stato plasmato, ma insieme anche ingessato e soffocato, dalle scuole. Così condizionato dagli sguardi altrui, dal sapere accumulato, dalle visioni che abbiamo divorato avidamente, che non riesce più a vedere nella pienezza della propria libertà. E in questo senso Vivian è fantastica! Guardate quegli autoritratti che sanno di fresco e di pulito, come i panni stesi all'aria pura. Confrontateli con i selfie ripetitivi e stanchi a cui ormai siamo abituati, sommersi e infastiditi anche. Quei selfie che somigliano alle pisciate di animali che segnano il territorio ma non dicono nulla di noi e di chi siamo e del senso dei luoghi che abitiamo.


Come Cartesio, dunque: abbandonate ogni sapere scolastico voi che vi accingete a guardare il mondo con l'occhio del fotografo... imparate dalle mani nodose, dalle rughe della terra, dai volti degli sconfitti, dagli oggetti abbandonati che cantano la loro inascoltata poesia.

Guardate qui alcune foto


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